giovedì 27 marzo 2014

ANSIA & LAVORO...


ANSIA & LAVORO


 In questi tempi"moderni" lo stravolgimento del lavoro ha inciso sulla percezione profondamente mutata delle persone relativamente al lavoro,così da farci pensare non tanto a un periodo di cambiamento, quanto invece al cambiamento di un periodo economico sociale storicamente configurabile.
Dal mio osservatorio, trovandomi a trattare ansia e paura per mestiere, rilevo come questo contesto cosi' delineato abbia generato ansia e paura nei rapporti di lavoro, con un diffuso sentimento di sfiducia e che sia frequente per la persona trovarsi in situazioni in cui sente di vivere in un clima ad alta tensione, quando non anche di ostilita.'Cosa che puo' tradursi in casi più estremi in quella condizione che in Psicologia del lavoro viene definita   "mobbing"*
In una condizione non estrema, ma in un clima organizzativo ad alte tensioni,(e la complessità di cui sopra facevo riferimento inevitabilmente "produce" tale clima) come, tuttavia, la singola persona possa reagire alla tensione puo' essere davvero determinante nel generare conflitti a spirale. Quando, ossia, si attivano veri e propri giochi infiniti, in crescita progressiva, in cui la tensione e paura si articolano in modo complesso e paradossale. 

La sensazione di essere intrappolati in situazioni rigide ("i miei colleghi non sono comprensivi, non mi aiutano...non c'è collaborazione tra noi"; "il mio capo è arrogante e mi tratta male"; il titolare è distaccato/schizzato e questo complica le cose da fare!) al di la' della sua effettiva drammaticita', implica reazioni anche soggettive che sono intrinseche alla percezione personale. Infatti, le reazioni attivano azioni dentro un processo di interazioni e, perciò, contribuiscono ad attribuire significato e valore a quell'evento-esperienza che ci si trova a vivere. L'ansia aumenta, crescendo entro un meccanismo a spirale, e se si stabilisce la spirale della paura della paura, del suo effetto a controllare le reazioni e gli effetti di ritorno, di fatto si costruisce un sistema di risposte "patologiche"che possono contribuire a peggiorare la relazione e a fissare schemi rigidi, mantenuti proprio perché ripetuti: più si ripetono, più si rafforzano...più si rafforzano più si ripetono.

A cura della Dott.Annamaria Agnano

Se sei interessato a questo tema, se vuoi approfondire, puoi scrivermi al mio indirizzo:
annamaria.agnano@gmail.com
info@atsproblemsolving,it




*lo psicologo tedesco Heinz Leymann userà la parola mobbing per primo nell’ambito di una ricerca condotta negli anni ottanta dedicata allo stress nell’ambiente di lavoro. Il mobbing è costituito da vessazioni, di vario genere, azioni vessatorie chiamate azioni mobbizzanti, da parte di uno o più individui, nei confronti di un lavoratore, condotte in modo sistematico e per un lungo periodo di tempo, secondo Leymann almeno una volta a settimana per sei mesi. 


* il bossing è una forma di vessazione attuata dall'azienda/ capi con l'intento di mettere la persona in condizioni di disagio ed esasperazione tali da indurla a rinunciare a qualsiasi azione di tutela/diritto e a dimettersi.

Altro interessante approfondimento sul mobbing è attraverso il Modello a 6 fasi dello psicologo Harald Ege. 

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Le informazioni contenute in questo blog sono puramente divulgative.
Questo Blog non è da considerarsi una testata giornalistica in quanto non viene aggiornato con una frequenza costante e periodica non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n* 62
del 07 Marzo 2001. Inoltre le immagini pubblicate sono quasi tutte tratte da internet e valutate di pubblico dominio. Qualora il loro utilizzo violasse diritti d’autore scrivete una mail al seguente indirizzo annamaria.agnano@gmail.com e le immagini in questione verranno immediatamente rimosse.


















martedì 18 marzo 2014

QUANDO QUEL RICONOSCIMENTO NON ARRIVA:I DIFFICILI PASSAGGI GENERAZIONALI



QUANDO QUEL RICONOSCIMENTO NON ARRIVA:
I DIFFICILI PASSAGGI GENERAZIONALI

Cari Amici e Care Amiche, 

prendo spunto da un problema postomi da  da una donna-figlia che sta lottando con suo padre per i cambiamenti che ella chiede di fare nella loro azienda ed il cui ruolo, sebbene vitale e centrale. non viene riconosciuto dal padre fondatore.

Ho subito specificato che pur apparendo la sua una questione" di genere", io non l'avrei trattata in quanto tale, per ragioni puramente tecniche. Infatti, il mio punto di osservazione rileva che il passaggio generazionale sia relativo alla difficoltà ad accettare il cambiamento da parte di un" padre" imprenditore,
non tanto perché espresso da un figlio o da una figlia, ma soprattutto in quanto la dinamica oppositiva che il padre in questione muove è verso l'altro di se stesso: l'altro da sè, figlia, nel nostro caso, che gli chiede di prendere decisioni oltre lui, cambiando una realtà che da sempre egli gestisce ed attraverso la quale egli esprime e riconosce il suo potere.

" Sono anni che chiedo un cambiamento in azienda: informatizzare un magazzino per vendere meglio; fare un catalogo vendita on line..." questa l'amara considerazione della figlia al diniego del padre.
Ed in essa, la completa sconfitta: nessun cambiamento, tutto rimane come è sempre stato. io decido!

Ma quello che trovo più interessante non è in sè l'opposizione del padre verso i cambiamenti che la figlia gli richiede: quanto l' attenzione che chiedo di fare a questa giovane donna alla dinamica in cui entrambi, lei e suo padre, sono " intrappolati" entro un vortice di reazioni e risposte "di lotta": più lei chiede di cambiare, più lui si oppone, più lui si oppone, più lei si arrabbia e rilancia la prossima richiesta di un cambiamento" Sino a che, entro una modalità di auto-conservazione del loro rapporto,pur trattandosi di un rapporto rigido, l'uomo compie un'azione più sfidante ed inattaccabile; lei, allora,la figlia, inevitabilmente deve accettare e subire. Tra rese e cedimenti, sfide e combattimenti, una relazione che rimane cristallizzata nel tempo.
"Per quanto io faccia, lui mi impedisce di fare alcun cambiamento".

Un gioco simmetrico ed infinito che vede il "carnefice e la vittima" dentro ad una sequenza interazionale in cui il loro sistema mantiene la rigidità che impedisce al loro rapporto una naturale crescita.* ed all'impresa di prendere un nuovo spazio vitale...

Per chi è interessato a sviluppare questo tema, sia perché si trova in una situazione di questo tipo, sia per curiosità e per approfondimenti, aspetto una sua mail al mio ind. di posta elettronica:

annamaria.agnano@gmail.com.

Vi aspetto.

La Vostra Annamaria Agnano 

* Pragmatica della comunicazione Umana

Paul Watzlawick ; Janet H.Beavin; Don.D. Jackson- Ed Astrolabio
La scuola di Palo Alto di Marc Edmond e Dominique Picard-  Red ed 




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