mercoledì 25 novembre 2015

LA MEDITAZIONE PUO' ESSERE UN LINGUAGGIO PRATICABILE PER CHI HA SUBITO UN TRAUMA...?



LA MEDITAZIONE PUO' ESSERE 
UN LINGUAGGIO PRATICABILE PER  
CHI HA SUBITO UN TRAUMA...?


Car* Tutt*che mi seguite,
 ho chiesto a Diego Barcellari, "Maestro Yoga"  del Centro Yoga Orizzonti di Pescarolo di Cremona, di partecipare integrando il mio post sul trauma. Ed ecco il suo caro contributo sulla meditazione...

"Inizio con il dire che la meditazione  è una necessità dell’uomo, come il mangiare ed il dormire, e che se in alcuni luoghi della terra si è mantenuta viva non significa che lì sia nata, anche se è noto che in oriente è più facile incontrare le varie tecniche di meditazione.
Basta osservare i bambini quando si INCANTANO nei loro giochi o recitano cantilene dondolandosi  con un ritmo continuo per capire che è parte di noi. E’ parte di noi come gli elementi che ci compongono: la terra, l’acqua, l’aria, il fuoco….
La meditazione è un passo che ci porta più in profondità verso noi stessi per ricongiungerci con il sé interiore, quello che definirei il vero essere ,  figlio dell’energia celeste che unisce tutti gli esseri e che per un fatto straordinario ci permettere di sentirci individui.
Quando però si rimane troppo lontani dalla nostra origine si perde in consapevolezza Il fisico ( la terra) la mente ( l’aria) , le emozioni ( l’acqua ), e lo spirito ( il fuoco), vengono vissuti separatamente
Per questo con il trauma ci frammentiamo e blocchiamo in quell’evento la continuità della nostra esperienza, definendo quel momento un errore insormontabile: trasformando così il rapporto  con noi stessi; perdendo il contatto con l’origine e ancor più grave, rompendo il rapporto di fiducia che lega l’essere con il sistema corpo-mente-emozioni . E’ così che diventa difficile entrare in profondità ed accogliere quei segnali che ci urlano che qualcosa non va , aprendo la strada  alla disfatta totale.
Ecco allora lo scopo della meditazione: unire questi corpi separati , armonizzarli attraverso il respiro e l’ascolto.Ma non ci si ferma qui,  perché manca un elemento importante , lo spirito, l’essenza del nostro sé interiore , quella particella divina che ha bisogno di comunicare la nostra impronta originaria per la quale siamo nati. 
Qui non centra la religione, di nessun genere. Siamo esseri spirituali che fanno una esperienza materiale, è qui l’origine della meditazione

E quando la nostra natura duale, corpo e spirito, inizia a vibrare in armonia, in accordo con tutte le cellule del nostro corpo, il cervello inizia a produrre onde ALFA che ci portano su di un altro piano.  Ed è lì che incontriamo noi stessi: fermi quasi immobili ; con il respiro appena accennato; la mente rilassata senza pensieri; una pace entra   e si diffonde in noi e quando tutto è ammantato di serenità, nasce una gioia dal cuore . E’ in quel momento che lo spirito si manifesta e noi percepiamo l’abbraccio immenso , il ritorno a casa, percepiamo non più dualità ma unità : non esiste più il bello, il brutto, la gioia , la sofferenza, l’amore , l’odio. In quell’ unità ricomposta, riconosciamo una sola voce, una sola energia. E’ in questa condizione che le preoccupazioni non trovano più spazio, dal momento che  non hanno dove radicarsi perché non c’è materia ma energia, PRANA…
:-) continua...

Diego Barcellari
Insegnante del Centro Yoga Orizzonti:
Naturopata-Operatore Ayurveda-Referente metodo Kousmine

domenica 8 novembre 2015

QUANDO QUEL TRAUMA CATTURA IL PRESENTE



QUANDO QUEL TRAUMA CATTURA IL PRESENTE






Un vero film del terrore che riparte ogni volta rinnovando il trauma. Se la paura provata si riaccende quello che succede è che la nostra amigdala entra in stato di allerta. Per capirci bene, questa è la sede in cui si accende la paura, perché qualcosa di pericoloso sta accadendo:" togliti e scappa...tirati via da qui; oppure, se puoi, affronta il nemico!"E' proprio questo messaggio che da essa ci arriva!

Quando è presente un disturbo traumatico, si riattiva una memoria fresca ed emotiva che avanza 
dal nostro "archivio emozionale "come quella tremenda scena o sequenze di quel film!
 Come spiegarci quello che avviene in un'esperienza traumatica? Chi l'ha vissuta sa soltanto che arrivano flashback di quei momenti terribili che invadono il presente, spazzandolo via. E si ritorna esattamente a quei momenti, istantanei ma furibondi: con le sensazioni di perdita di controllo, paura segnalata da sintomi fisici: dalle palpitazioni,con  il respiro corto;attanagliati dalla sensazione di non poter controllare più niente e di non sapere che cosa succederà senza poterci fare  niente. se non risentire quelle sensazioni già provate.Che non si vorrebbero più, ma dalle quali è impossibile sfuggire!

Chi ne soffre deve però sapere come funziona questo "circuito", perché è questo il primo passo verso la possibilità di superare il trauma.


A tutti noi sarà capitato di vedere un bicchiere frantumarsi dopo che ci è scivolato dalle mani...

Ecco! Immaginiamoci proprio che quando succede il trauma, le informazioni che il nostro cervello riceve attraverso il Talamo, (area che riceve stimoli visivi ed uditivi , trasmettendoli poi alla Neocorteccia dove verranno elaborate in modo completo), passano direttamente, attraverso una via bassa, istantanea,  all'amigdala. Una centralina  d'allarme che segnala il pericolo, facendoci sentire la paura. Le informazioni che dovrebbero perciò essere immagazzinate da Ippocampo, il cui compito è quello di collocarle in modo organizzatissimo, appunto in una sorta di magazzino della "memoria", vengono disperse, invece!. Ed esso  perde colpi, sotto il rilascio di cortisolo, ormone dello stress che in quel momento, non riesce più a regolare . Ed è' così che entra in tilt!
E' ancora così che si frammenta l'esperienza; predomina la paura che "ferma" le scene; e registra gli elementi terrorizzanti: una registrazione fedele che si ripresenterà ogni volta dal momento che quel trauma si è fissato nella nostra memoria. Diventando un passato che irrompe spazzando via il presente, appunto.

Cosa fare? Intanto, cosa si può fare!

 Intervenire in questa situazione, che apparentemente sembra, ed è sentita, come senza uscita. Invece se ne può uscire. Diversi i livelli di approccio:attraverso la terapia breve strategica si può accedere a quel vissuto e ricomporlo. 

A livello psico-fisico ci sono tecniche integrate: attraverso una "presa di consapevolezza" sulle modalità naturali che il nostro corpo e cervello ci dispone.Noi addetti ai lavori le definiamo "coping": risorse vere  e proprie, pronte per essere abilitate attraverso modi innovativi di affrontare i contenuti dolorosi traumatici, suscitando così la condizione di RESILIENZA. 

Uno dei più efficaci coping è l'attività fisica: nel rapporto con la natura, il corpo e la sua esperienza percettiva e propriocettiva si realizza in tutto il suo impatto pieno;pensiamo che la semplice camminata veloce produce effetti del tutto simili ai più potenti antidepressivi ansiolitici. Induce aumento di BDNF (fattore nervoso di derivazione cerebrale, F.Bottaccioli 1998). Per intenderci, questo vuol dire che semplicemente camminando a passi veloci, guardando l'orizzonte e respirando "inspirando di naso ed espirando con la bocca", il nostro cervello funziona al top: migliora la sua plasticità; aumentano i fattori protettivi e l'attività ippocampale. Quindi, proprio quell'area stressata, viene "naturalmente" potenziata rigenerandosi. E tutto questo, semplicemente mettendo in moto il nostro corpo in un ambiente quanto più naturale( percorsi ciclabili; parchi ed in presenza della natura.) La frequenza e regolarità sono condizioni necessarie: infatti se non tutti i giorni, abbiamo osservato che i tempi utili sono almeno 4- 5 giorni.


Altra interessante attività di integrazione è la meditazione. E qui chiederei al mio stimato amico,Diego Barcellari, Maestro Yoga ed Ayurveda del Centro Yoga Orizzonti di Cremona, di raccontarcela prossimamente, approfondendo la conoscenza di questa "disciplina".


Continua a seguirmi:-) 


E se mi vuoi scrivere, la mail cui dovrai riferirti è: 

annamaria.agnano@gmail.com