mercoledì 24 febbraio 2016

LA PAURA... CHE FA PAURA?





LA PAURA ...CHE FA PAURA?


Se qualcuno ti chiedesse di attraversare una autostrada bendandoti gli occhi in mezzo alle macchine lanciate, per lo meno gli daresti del folle. O no?
Gli risponderesti che” non ci pensi nemmeno per sogno”, semplicemente perché alla sola idea provi paura per la tua vita...Non è forse così?

La paura è il meccanismo più primordiale che ci ha permesso di proteggerci dai pericoli e salvaguardare la nostra esistenza sul pianeta, sino a qui!

Quando la proviamo, immediatamente non sappiamo perché e cosa ci fa paura, quanto invece la “sentiamo” grazie ad alcuni segnali d’allerta familiari. Il termine che li definisce è “allostatici”, cioè fattori di perdita dell’equilibrio, che avvertiamo con  il battito cardiaco aumentato, il respiro corto... alla gola; la secchezza della bocca, sudorazione delle mani, e quando più forte, la sensazione di svenire.Questo stato viene prodotto in presenza di una scarica di adrenalina che attraverso ciò che ha colpito il nostro occhio o orecchio, viene comunicato all’area limbica,  il nostro "centro emozionale": da qui il talamo riceve i segnali e li passa direttamente all’amigdala (in greco questa parola sta per mandorla). In tutte le situazioni "pericolose" è lei che si accende: attraverso una fitta comunicazione dall’ipotalamo all' l'ipofisi e da questa alle ghiandole surrenali, avviene il rilascio di un ormone, cortisolo,  il nostro "007" che ci "eccita" per combattere o fuggire dalla situazione "pericolosa"che in quel momento siamo chiamati a sostenere. 

Dopodiché, la fitta rete di connessioni tra aree amigdala e talamo; talamo e corteccia con amigdala, produce diversi neurotrasmettitori, dalla dopamina, alla noradrenalina che con l’adrenalina  ci permettono di mettere  a fuoco, di selezionare i fattori dl pericolo che corriamo e di sentirci ”forti” per reggere a quella situazione.

Quindi, di produrre risposte rapide ed intelligenti per resistere a quella particolare sfida che il cervello pensante ed emozionale insieme riconoscono, sebbene subito, l’esperienza percettiva della paura corrisponda ad un sequestro a tutti gli effetti della nostra capacità di ragionare “lucidamente”!
In 12 millesimi  di secondo, la paura sequestra la mente pensante e il corpo, ci paralizza prima ancora di sapere perché e da quale pericolo essa ci protegge.

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domenica 14 febbraio 2016

"MANGIARE" LE EMOZIONI




Pensiamo di alimentarci con il cibo e quanto mai, oggi, tanti differenti stili di alimentazione ci vengono proposti per una vita in salute! E tuttavia, se “siamo ciò che mangiamo” come sosteneva il filosofo Ludwig Feuerbach  data un'unità inscindibile fra psiche e corpo, per pensare meglio dobbiamo alimentarci meglio(1862).
E se, ancora, pensiamo a come la medicina cinese, già 4mila anni fa, considerava l’intestino come  fornace della nostra energia, è bene ricordare che prima di mangiare qualsiasi cibo, noi lo”sentiamo”: entriamo cioè in relazione con esso, attraverso i nostri sensi; con le memorie affettive e “percezioni” che quel cibo  ci attiva. Un cane non sceglierebbe tra una bistecca rossa  o una bianca: noi invece si! 
Scegliamo. E la libertà di scelta è “simbolica”.
Per dirla semplicemente(che tuttavia non significa che è semplice come questo avviene), gli oggetti, le cose ed anche le situazioni e luoghi, li carichiamo di emozioni, sentimenti: pensieri e attenzione. Questo modo di "rappresentare” e "caricare affettivamente" ciò che si conosce, che è soltanto umano, ci porta ad “àncorare” oggetti, cose e luoghi; situazioni con altri e noi stessi. Proprio come un’ àncora. 

 Questa è un’importante premessa se vogliamo affrontare il tema del cibo nel modo più attuale e realistico.

 Le diete fallite, il sovrappeso,le differenti patologie correlate al cibo, 
ne sono l’evidenza.
  Occorre una visione completa della persona e delle relazioni per ripensare all’alimentazione come ad una dimensione relazionale della persona nella sua pienezza di vita.
E di cibo “affettivo” ci “nutriamo”: di emozioni e ricordi; percezioni; pensieri; atteggiamenti; sentimenti e sensazioni: la vita mentale razionale e quella emozionale, che ci caratterizzano come esseri umani. Possiamo nutrirci di “paura”; di “ansia”; di brutti pensieri; di rabbia e risentimento: di emozioni negative.Ma che cosa succede però se cambiamo questo stile in uno “nuovo”? 
E soprattutto, possiamo farlo di cambiare il modo di esprimere la nostra vita interiore e il modo in cui viviamo le relazioni con gli altri?
Come cambiano le cose quando ad alimentare pensieri, modi ed atteggiamenti, anche semplicemente nel quotidiano, con noi stessi e con gli altri, sono le emozioni positive ad avere la meglio e quindi a nutrire la nostra fornace?

Questo é il tema di questa lettura  che vorrei poter considerare con te che mi leggi, come una sorta di diario di viaggio. E non parlerò degli aspetti che riguardano la cura, cosa che faccio ogni volta con il mio lavoro terapeutico.
Infatti, con questo mio contributo, semplicemente, sono spinta a scrivere di quella Psicologia Positiva che molto poco conosciuta, oggi è confondibile con la psicoterapia che cura chi sta male.
 La Psicologia Positiva è interessata a promuovere la salute psicologica ed affettivo-relazionale, occupandosi di temi quali la motivazione, l’amore e  le emozioni positive; la resilienza e l’ attaccamento alla vita;l’ auto-efficacia ed auto-percezione; la ricerca ed attribuzione del senso; la qualità di vita e lo stile espressivo. Temi che abbiamo preso a studiare già da molti anni ormai e che è ora di diffondere a chi, come Te che leggi, vorrà conoscere.

Tutta la nostra esperienza, bella o brutta a cui in questo momento, volendolo, possiamo ripensare,è attraversata ed attraversa la sensazione che 
da essa ci arriva.Affrontare una scelta, risolvere un problema; prendere una decisione per un  cambiamento in un rapporto, nel lavoro rispetto  ad un conflitto che viviamo con qualcuno a cui teniamo o invece, temiamo, ma anche più semplicemente, la scelta di un cibo al ristorante o di un’ attività fisica da praticare!

In tutte queste situazioni, le sensazioni sono il nostro"radar" dal quale “captiamo” ogni cosa. Esse diventano il riferimento per trarre significati; per farci un’idea; per capire o prendere contatto con cose e situazioni con gli altri e con noi stessi.

Se ci pensi bene, qualsiasi cosa di noi parte da una sensazione, gradevole oppure repulsiva, attraente o disturbante, promettente o sfiduciante.

Quella sensazione diventa quindi un “faro” per l'esperienza che faremo oppure che non faremo; per le azioni che intraprenderemo; dei significati che le cose avranno o non avranno; dell’impatto che ne seguirà.
Anche l’impatto stesso, come esito positivo o negativo delle cose, viene incorporato nel nostro ”modo” di dare senso, rispetto alle nostre credenze e convinzioni, giudizi con i quali interpretiamo i fatti e le circostanze, sul successo o fallimento ottenuti.

Le sensazioni spingono l’esperienza percettiva e poi, su questa, costruiamo i modi di dare attenzione, importanza e senso ad ogni cosa che ci succede...o che non succede!
E’ così che ci  “rappresentiamo” e costruiamo le rappresentazioni, come registi che girano sequenze di film; é così che  diventiamo “programmati” e le storie, con i film che in esse abbiamo girato, le nostre rappresentazioni, diventano per noi la realtà: è così che crediamo che esse siano il mondo. 


Vostra AnnamariA

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