venerdì 22 novembre 2013

NON C'E' NOTTE CHE NON VEDA GIORNO (W.Shakespeare)



NON C'E' NOTTE CHE NON VEDA GIORNO
                                                                                     (W.Shakespeare)
Cari Amici,
oggi ritorno con una bella storia "terapeutica"che vi racconto. Una storia di quelle con un lieto fine, soprattutto con un sogno che si realizza. Come amo dire, un sogno a cui il suo protagonista sta mettendo le gambe...
Prima di raccontarla, gli ho chiesto di poterlo fare e, devo dirvi, non solo perché mi autorizzasse, ma, soprattutto perché mi desse l' opportunità di trasmetterla a tutti voi, perché è una bella storia.
Comincia da un pò di dolore fa, quando risentimento e rabbia all'interno di un conflitto coniugale, condussero Roberto (il nome è inventato per ragioni di privacy), a chiedere il mio aiuto terapeutico. Quello che stava accadendo nella sua vita non corrispondeva a quanto si aspettassero i suoi sentimenti e le sue domande su sé stesso e sulla sua vita! Doveva esserci dell'altro...



Cominciammo a lavorare con i suoi schemi interazionali  verso una condizione innovativa di consapevolezza relazionale. Tralascio dei particolari perché adesso non sono utili a quello che, invece, lo è qui: arrivati ad un buon punto del suo percorso personale nella sua relazione, in quella che definisco "postura" relazionale", un evento lavorativo problematico intervenne bruscamente nella sua vita, proprio in un momento in cui aveva cominciato a provare una certa serenità. 

Lo spostamento in altra sede e con una mansione diversa, subito non precisata, arrivarono inesorabili e come un" fulmine a ciel sereno":un trasferimento in una sede nuova, una diversa mansione motivata, opportunamente, dal suo dirigente capo per ragioni: di resa inefficace, obiettivi mancati e, quindi, da una valutazione critica, per nulla condivisa. A quel punto, l'Obiettivo terapeutico dovemmo proprio riformularlo: quella poteva diventare la classica situazione di mobbing lavorativo con una escalation di azioni che dentro a schemi relazionali, possono assumere spessori drammatici per la persona che subisce il mobbing.Una bomba ad orologeria: con alto rischio di reazioni di forte disagio psicosomatico, o depressivo quali suoi effetti; dove anche gli effetti possono diventare fonti di disagio ulteriore.

Uno psicoterapeuta  di formazione psicologica e specialistica, dispone di conoscenze di strumenti che affida alla persona per fare avanzare i suoi coping, ossia le sue risorse( con le quali fronteggiare le situazioni) che non sono ancora nè emerse, nè riconoscibili: è questa la sua abilità, quando comincia  a praticarle . La persona, quindi, si scopre abile mentre lavora ed usa strumenti e modalità per  "cambiare" il suo percorso mentale-emotivo e geografico affettivo, ossia una percezione mutata dei luoghi affettivi in cui collocarsi nuovamente e diversamente rispetto agli altri. Lavorammo con dimensioni che noi psicologi della psicologia positiva definiamo come aree dimensionali emozionali e relazionali potenziali, ossia che possono crescere e svilupparsi in attività e competenze relazionali e comunicazionali(  dalla gestione dello stress e dei conflitti, all'autocontrollo emotivo, allo sviluppo di empatia; dall'adattabilità alla sicurezza di sè, alla consapevolezza di sé e a quella organizzativa).    

In altre parole, quell'evento "potenzialmente drammatico"venne riformulato attraverso una specifica Tecnica di ristrutturazione che consentì a me, di iniziare un livello di interventi"formativi"; a Roberto, di "iniziare a frequentare una palestra mentale ed emotiva calata nel quotidiano delle interazioni-relazioni sia del lavoro, sia personali.

Gli allenamenti avevano la finalità di favorire e  sviluppare       allineamenti:Roberto, praticando tecniche e modalità di comunicazione e di relazione apprese, si allenava per arrivare ad integrare 
parti di sè, emozionali, psico-fisiche, logiche, verso una consapevolezza della sua Identità e delle sue aspirazioni e desideri, oltre ai bisogni fondamentali.
Nell'arco di un inverno e con la ripresa dopo la pausa estiva, passo dopo passo e mentre si allenava,   gli venne assegnata una mansione mai svolta, che avrebbe svolto affiancato da esperti del settore. Dopo i primi momenti di rodaggio, cominciò a muoversi"imparando" come fa uno studente dai suoi insegnanti.Soprattutto, egli prese ad utilizzare modalità di comunicazione e di interazione con il suo capo, una donna del tutto impreparata a gestire collaboratori; con il ricorso agli strumenti appresi, di volta in volta, usciva dalle trappole personali e rigide che, inevitabilmente, gli avrebbero impedito alcuna possibilità di azione con il conseguente sentimento di inermità ed impotenza.

Roberto frequentava la mia "palestra"delle emozioni due volte al mese:lo affiancavo;modellavo;gli confrontavo le sue esperienze praticate mostrandogli tecniche e strumenti per "rivedersi"; e tutto il resto del tempo, si allenava nei luoghi della sua giornata e della sua vita, anche con gli amici, con i suoi figli. In particolare, aumentò la sua consapevolezza di ruolo genitoriale, di padre. Allargò anche il campo dei suoi interessi artistici;iniziò pure un'attività fisica camminando in mezzo alla natura, per amplificare la sua consapevolezza sul suo rapporto con l'ambiente intorno a sé.

In un anno, la sua vita sul lavoro è del tutto cambiata. 

Oggi gestisce una collega di lavoro nell'ufficio che occupano; relazionando con gli altri professionisti colleghi che lo stimano e gli esprimono soddisfazione per le sue abilitate conoscenze con cui svolge le pratiche che gli vengono affidate. Un lavoro in sè complesso, entro cui partecipano più persone ed è Roberto che "coordina" queste diverse presenze nella gestione della sua mansione. Tutt'altro che semplice!
Fino a qui, come dire, tutto è bene ciò che finisce bene... Ciò che poteva andare storto, invece è andato dritto. Ma, come spesso accade, anche stavolta arriva un nuovo evento che può avere la forza di un cataclisma professionale e personale. Gli viene comunicato, a lui e colleghi, che l'intera organizzazione dovrà fare sacrifici, un cosiddetto piano di solidarietà (per cui nessuno a casa, tutti a casa!), comporterà una riduzione del suo lavoro, con relativa riduzione dello stipendio. Sconvolgente, oppure normale... in quest' "epoca" di totale annientamento del valore del lavoro,in cui, tuttavia, è quotidiano un agire analogo, poiché fortemente diffuso come comportamento aziendale e delle organizzazioni. 

E Roberto, tuttavia, non perde quota, stavolta prende il volo, invece!
E sogna il suo sogno di sempre, di dedicarsi alla terra: ha una formazione universitaria in agronomia e un pezzo di terra che i genitori, ancora vivi e vegeti, gli hanno  intestato in parti uguali a lui e suo fratello. Decide di coltivare questo pezzo di terra a vigneto, una passione coltivata da sempre. La madre ne è sconvolta, il padre, vecchio gli chiede come pensa di procedere e lo supporta, quando capisce che il figlio ha le idee chiare. Così lo appoggia. Anche il fratello, che ha avuto un iniziale atteggiamento rigido, poi, quando Roberto lo coinvolge e lo informa, dandogli la visione che nel futuro potranno collaborare (anche suo fratello lavora la terra, ma si dedica ad altre colture), lo segue e partecipa.

Non hanno mai dialogato come in un questo momento, mi dice Roberto. Siamo stati due ore sotto il portico di casa dei genitori a pensare al futuro in modi concreti e palpabili.Sì, non abbiamo mai parlato così tanto!
Sa, ho poi pensato al nome che gli voglio dare. Lo chiamo "Vigna del dosso" perché lì, poco appresso alla mia terra dove verrà la vigna, c' è un dosso tra la terra e l'argine del fiume. Mi piace. La vigna del dosso me  la vedo, è reale. Comincio con poca produzione, farò un rosso della zona, un autoctono.

Vedo il suo viso mentre ne parla:gli occhi chiari lampeggiano di mille bagliori.
Confermo che l'entusiasmo è contagioso... mi dice anche che in ufficio i colleghi gli dimostrano stima ed ammirazione:Roberto li fa sognare, forse, mentre aspettano di vedersi ridotti e ristretti. E lo guardano, mentre lui sta realizzando il suo sogno e chissà che, per breve, non sia anche il loro sogno. Come se  lo fosse.
E lui, invece, gli ha messo le gambe al suo che, preso il passo, adesso viaggia, giovane e audace!

Un caro saluto e a presto.
AnnamariA



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venerdì 8 novembre 2013

OLTRE IL DOLORE...

OLTRE IL DOLORE ...

Ben ritrovati, cari Amici, 
quelli che mi seguite e quelli nuovi che mi state leggendo per la prima volta.
Oggi voglio prendere spunto per questo mio nuovo post da una riflessione su un dato che, da quando ho iniziato la scrittura del blog "Perché no?", mai si era verificato. Premetto che le mie osservazioni sono basate sulle statistiche con cui un blog viene visitato. Pertanto, partendo dalle mie statistiche mi limito ad osservare, nella attuale esperienza di blogger- specialista di psicologia, le risposte ricevute dalle letture dei temi che ho trattato ad oggi. 

Rimango, quindi, coerente con il titolo scelto per il mio blog "PERCHE' NO?", aderendo allo scopo di "trasmettere per condividere" con ciascuna persona interessata e o incuriosita dal tema o argomento scelto, di volta in volta, per tecnicismo, conoscenza ed anche ispirata dagli eventi e fenomeni che tutti ci riguardano, sia direttamente, ma anche indirettamente; e che prima di recepire e considerare da un punto di vista specialistico e specifico, passano alla mia attenzione e sensibilità personali (credo di non potermi astenere da un personale riconoscimento che sottende tutti i temi che tratto, relativo all'interesse ed amore che nutro per le persone). 

Inevitabilmente, in questi mesi ho misurato l'attenzione dei lettori sui temi in oggetto ai miei post: avevo già osservato che alcuni di essi(destino e resilienza; menzogna e verità;cambiamento ed emozioni;l'amore estremo; un post sui miei sentimenti svelati di "neo-blogger"...) avevano avuto un evidente maggiore riscontro rispetto a tutti gli altri. Poi, è successo che il dolore fibromialgico, del 10 Ottobre, sia balzato letteralmente nella "lista" delle visualizzazioni: nel giro di brevissimo, questo valore si è alzato repentinamente! Ed allora mi sono chiesta quanto il dolore era stato all'attenzione di chi mi aveva letto, magari rispetto a quanti altri temi, per esempio a quello del benessere che, pure, è così tanto diffuso.

Quanto mai, oggi,si parla di benessere? Riviste, centri, esperti (anche noi facciamo bene la nostra parte!) scrivono e parlano di benessere e, senz'altro, credo che effettivamente moltissime persone sentano l'importanza di "conoscere" sempre più e meglio, per apprendere a fare gesti consapevoli finalizzati al loro benessere. Il benessere sembra essere più diffusamente anche una forte leva al cambiamento all'interno dei conflitti sentimentali e coniugali. "Non ti riconosco più...sei cambiata/o...mi fai star male!" O anche ai conflitti tra persone nei luoghi lavorativi.
Sembrerebbe un bisogno emergente per ricercare il benessere rispetto a quanto si prova.

Eppure, appare anche evidente che più si parla di benessere da una parte, inevitabilmente, dall'altra affiora  il malessere: attraverso lo stress, nelle sue multiformi variegazioni, esito di un disadattamento della persona, delle sue risposte alle richieste che l'ambiente(fisico, emotivo, economico, relazionale ed uso queste dimensioni che stratificano la nostra esperienza da sempre, pur nella complessità attuale che viviamo oggi) sollecita? Quante ne sono e quanto pressano?

E' pensabile, dunque, che a partire da una specifica sindrome "da dolore" (come quella che definiamo "fibromialgia"), il dolore sia una presenza, più o meno forte, più o meno acuta; quando non anche persistente:ora fisica, ora psichica, dell'anima. Spesso anche consigliera, talora buona:chi di voi non si è recato finalmente dal dentista per un dolore lancinante ad un dente? Quanti di voi avete associato il vostro mal di testa all'essere stati in un ambiente viziato, o perchè sotto pressione lavorativa? O perché state trascurando la vostra alimentazione, o ancora perché avete fatto un lungo viaggio senza permettervi delle soste?
Cattiva, invece, quando lancinante e limitante (una cefalea; dolore allo stomaco o alla pancia; ma anche oltre: sorda e profonda, compagna di tristezza o d'angoscia)!

Ed ancora mi chiedo, dunque, ma qual' è il confine tra un dolore fisico (della schiena, della testa, in risposta allo stress) e quello di un disagio psicologico che si avverte nella propria esistenza, nella propria relazione o che arriva da quel cambiamento che dovrebbe avvenire, ma che non avviene!
E dunque, quanto il dolore fisico è correlabile con tutto quello che accade? Oppure con ciò che non accade?

Che cos'è dunque il dolore oltre a quel disagio che tormenta, dà da fare, fa star male? Ve lo siete mai chiesti? Magari anche solo attraverso una intuizione, vi è mai balenato?
Se sì, scrivetemi. Partecipate con un vostro contributo diretto oppure che riguardi qualcuno vicino a voi a cui volete molto bene.

A presto. dalla Vostra Annamaria

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