Pensiamo di alimentarci con il cibo e quanto mai, oggi, tanti differenti stili di alimentazione ci vengono proposti per una vita in salute! E tuttavia, se “siamo ciò che mangiamo” come sosteneva il filosofo Ludwig Feuerbach “data un'unità inscindibile fra psiche e corpo, per pensare meglio dobbiamo alimentarci meglio”(1862).
E se, ancora, pensiamo a come la medicina cinese, già 4mila anni fa, considerava l’intestino come fornace della nostra energia, è bene ricordare che prima di mangiare qualsiasi cibo, noi lo”sentiamo”: entriamo cioè in relazione con esso, attraverso i nostri sensi; con le memorie affettive e “percezioni” che quel cibo ci attiva. Un cane non sceglierebbe tra una bistecca rossa o una bianca: noi invece si!
Scegliamo. E la libertà di scelta è “simbolica”.
Per dirla semplicemente(che tuttavia non
significa che è semplice come questo avviene), gli oggetti, le cose ed anche le
situazioni e luoghi, li carichiamo di emozioni, sentimenti: pensieri e
attenzione. Questo modo di "rappresentare” e "caricare affettivamente" ciò che si conosce, che è soltanto umano, ci porta ad
“àncorare” oggetti, cose e luoghi; situazioni con altri e noi stessi. Proprio
come un’ àncora.
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ne sono l’evidenza.
E di cibo “affettivo” ci “nutriamo”: di emozioni e ricordi; percezioni;
pensieri; atteggiamenti; sentimenti e sensazioni: la vita mentale razionale e
quella emozionale, che ci caratterizzano come esseri umani. Possiamo nutrirci
di “paura”; di “ansia”; di brutti pensieri; di rabbia e risentimento: di
emozioni negative. Ma che cosa succede però se cambiamo questo
stile in uno “nuovo”?
E soprattutto, possiamo farlo di cambiare il
modo di esprimere la nostra vita interiore e il modo in cui viviamo le
relazioni con gli altri?
Come cambiano le cose quando ad alimentare
pensieri, modi ed atteggiamenti, anche semplicemente nel quotidiano, con noi
stessi e con gli altri, sono le emozioni positive ad avere la meglio e quindi a
nutrire la nostra fornace?
Questo é il tema di questa lettura che vorrei poter considerare con te che mi
leggi, come una sorta di “diario di viaggio”. E non parlerò degli aspetti che
riguardano la cura, cosa che faccio ogni volta con il mio lavoro terapeutico.
Infatti, con questo mio contributo,
semplicemente, sono spinta a scrivere di quella Psicologia Positiva che molto poco conosciuta, oggi è confondibile con la psicoterapia
che cura chi sta male.
Tutta la nostra esperienza, bella o brutta a cui in questo momento, volendolo, possiamo ripensare,è attraversata ed attraversa la sensazione che
da essa ci arriva.Affrontare una scelta, risolvere un problema; prendere una decisione per un cambiamento in un rapporto, nel lavoro rispetto ad un conflitto che viviamo con qualcuno a cui teniamo o invece, temiamo, ma anche più semplicemente, la scelta di un cibo al ristorante o di un’ attività fisica da praticare!
In tutte queste situazioni, le sensazioni sono
il nostro"radar" dal quale “captiamo” ogni cosa. Esse diventano il riferimento per
trarre significati; per farci un’idea; per capire o prendere contatto con cose
e situazioni con gli altri e con noi stessi.
Se ci pensi bene, qualsiasi cosa di
noi parte da una sensazione, gradevole oppure repulsiva, attraente o
disturbante, promettente o sfiduciante.
Quella sensazione diventa quindi un “faro” per
l'esperienza che faremo oppure che non faremo; per le azioni che intraprenderemo; dei
significati che le cose avranno o non avranno; dell’impatto che ne seguirà.
Anche l’impatto stesso, come esito positivo o
negativo delle cose, viene incorporato nel nostro ”modo” di dare senso, rispetto
alle nostre credenze e convinzioni, giudizi con i quali interpretiamo i fatti e
le circostanze, sul successo o fallimento
ottenuti.
Le sensazioni spingono l’esperienza percettiva
e poi, su questa, costruiamo i modi di dare attenzione, importanza e senso ad ogni cosa che ci succede...o che non succede!
(...Continua a leggermi;-)
Puoi anche scrivermi... . annamaria.agnano@gmail.com
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