Vedere la pagliuzza nell'occhio altrui e non accorgersi della trave nel proprio...
Un proverbio che permane nella nostra cultura occidentale. Il suo pari nella cultura libanese cita"quando il cammello riuscirà a vedere la propria bossa cadrà a terra sotto il peso della vergogna".
Nel senso comune il significato di questo detto è quello di "giudicare l'altro, incapaci di farlo con se stessi". Per tradurlo dal punto di vista della psicologia e della comunicazione emozionale e sociale, percorrerò un approccio relativo sia agli aspetti della nostra neurologia, sia della comunicazione, sia del linguaggio: dall' esperienza percettiva che noi umani facciamo in relazione a noi stessi, agli altri e al mondo ed attraverso cui produciamo senso.
Perché sembra più semplice scovare o cogliere il difetto e l' imperfezione, nell'altra persona rispetto a quanto non si faccia con se stessi?L'esperienza percettiva avviene attraverso i sensi che ci permettono di entrare in contatto con il mondo, gli altri e l'ambiente in cui viviamo sin dal primo momento di vita. Gli organi di senso: vista, udito, gusto, olfatto e tatto ci fanno collegare con l'ambiente e ci permettono di apprenderlo e di rispondergli, adattandoci ad esso. Nel corso della nostra formazione e sviluppo, tuttavia, seppure tutti attivi, in relazione all'ambiente nel quale siamo ed ai suoi stimoli, di fatto si verifica una predominanza di un senso rispetto agli altri e comunque più degli altri che pure usiamo! La vista più che l'udito; il tatto più che gli altri sensi. Questo processo viene definito Sistema rappresentazionale primario.
L'auto percezione(come ci percepiamo) e la percezione degli altri ci porta a vedere gli altri, ma non noi stessi; al massimo ci ritroviamo negli altri, ci rispecchiamo in essi: infatti, la primisssima forma di empatia nel bambino avviene proprio come un'imitazione, il cosiddetto"mimetismo motorio"che gli permette, attraverso l'imitazione, di sentire le sue emozioni ; dal mimetismo poi egli passa alla sintonizzazione emozionale con cui è in grado di differenziare i suoi sentimenti provando anche empatia , sentendo dentro, ossia riconoscendo le emozioni dell'altro: è così che imparerà ad entrare in relazione.
Dunque io posso riconoscere nell'altro qualcosa che so di aver provato ai miei sensi: sono i miei sensi che mi orientano e mi portano verso l'esterno e a quello che succede intorno rispondo con quello che succede dentro, in una relazione continua di scambio.
Non potrò mai, in assoluto, vedere l'altro se non con il mio sguardo. E d'altra parte, non vedrò mai me stesso allo specchio se non attraverso ciò che attribuisco a quello che vedo riflesso: ciò che sento relativamente a quanto vedo ( mi piaccio, non mi piaccio...mi vado bene/non mi vado bene...etcetc). Comunque sia, il mio sguardo è distorto dall'impatto che ricevo rispetto a quanto io attribuisco: all'altro che criticherò immediatamente, più direttamente al mio sguardo ( e vedo la pagliuzza nell'occhio altrui); a me stesso ( non vedere la trave nel proprio) evitando di trovare nel mio gesto/parola una critica, se non attraverso un malessere/senso di colpa: che solitamente "sento"come giudizio e che perciò non vedo.Ed ecco, dunque, che non vedrò la trave nel mio occhio, perché io la sento questa trave. Che non vuol dire non giudicarsi. Tutt'altro!
Nota: tutti i riferimenti scientifici sono relativi allo studio sull' intelligenza emotiva e sull'empatia di R. Rosenthal; D:Stern; D.Goleman; Bo); I riferimenti alla Pragmatica della Comunicazione umana P.Watzlawick. Studi sulla Comunicazione di J.Grinder e R.Bandler.
Studi sul mimetismo motorio e sintonizzazione emozionale: E.B.Titchener; M.L.Hoffman; M.R.Yarrow e C.Z.Waxler.
Vivamente
Vostra
AnnamariAgnano
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