domenica 14 febbraio 2016

"MANGIARE" LE EMOZIONI




Pensiamo di alimentarci con il cibo e quanto mai, oggi, tanti differenti stili di alimentazione ci vengono proposti per una vita in salute! E tuttavia, se “siamo ciò che mangiamo” come sosteneva il filosofo Ludwig Feuerbach  data un'unità inscindibile fra psiche e corpo, per pensare meglio dobbiamo alimentarci meglio(1862).
E se, ancora, pensiamo a come la medicina cinese, già 4mila anni fa, considerava l’intestino come  fornace della nostra energia, è bene ricordare che prima di mangiare qualsiasi cibo, noi lo”sentiamo”: entriamo cioè in relazione con esso, attraverso i nostri sensi; con le memorie affettive e “percezioni” che quel cibo  ci attiva. Un cane non sceglierebbe tra una bistecca rossa  o una bianca: noi invece si! 
Scegliamo. E la libertà di scelta è “simbolica”.
Per dirla semplicemente(che tuttavia non significa che è semplice come questo avviene), gli oggetti, le cose ed anche le situazioni e luoghi, li carichiamo di emozioni, sentimenti: pensieri e attenzione. Questo modo di "rappresentare” e "caricare affettivamente" ciò che si conosce, che è soltanto umano, ci porta ad “àncorare” oggetti, cose e luoghi; situazioni con altri e noi stessi. Proprio come un’ àncora. 

 Questa è un’importante premessa se vogliamo affrontare il tema del cibo nel modo più attuale e realistico.

 Le diete fallite, il sovrappeso,le differenti patologie correlate al cibo, 
ne sono l’evidenza.
  Occorre una visione completa della persona e delle relazioni per ripensare all’alimentazione come ad una dimensione relazionale della persona nella sua pienezza di vita.
E di cibo “affettivo” ci “nutriamo”: di emozioni e ricordi; percezioni; pensieri; atteggiamenti; sentimenti e sensazioni: la vita mentale razionale e quella emozionale, che ci caratterizzano come esseri umani. Possiamo nutrirci di “paura”; di “ansia”; di brutti pensieri; di rabbia e risentimento: di emozioni negative.Ma che cosa succede però se cambiamo questo stile in uno “nuovo”? 
E soprattutto, possiamo farlo di cambiare il modo di esprimere la nostra vita interiore e il modo in cui viviamo le relazioni con gli altri?
Come cambiano le cose quando ad alimentare pensieri, modi ed atteggiamenti, anche semplicemente nel quotidiano, con noi stessi e con gli altri, sono le emozioni positive ad avere la meglio e quindi a nutrire la nostra fornace?

Questo é il tema di questa lettura  che vorrei poter considerare con te che mi leggi, come una sorta di diario di viaggio. E non parlerò degli aspetti che riguardano la cura, cosa che faccio ogni volta con il mio lavoro terapeutico.
Infatti, con questo mio contributo, semplicemente, sono spinta a scrivere di quella Psicologia Positiva che molto poco conosciuta, oggi è confondibile con la psicoterapia che cura chi sta male.
 La Psicologia Positiva è interessata a promuovere la salute psicologica ed affettivo-relazionale, occupandosi di temi quali la motivazione, l’amore e  le emozioni positive; la resilienza e l’ attaccamento alla vita;l’ auto-efficacia ed auto-percezione; la ricerca ed attribuzione del senso; la qualità di vita e lo stile espressivo. Temi che abbiamo preso a studiare già da molti anni ormai e che è ora di diffondere a chi, come Te che leggi, vorrà conoscere.

Tutta la nostra esperienza, bella o brutta a cui in questo momento, volendolo, possiamo ripensare,è attraversata ed attraversa la sensazione che 
da essa ci arriva.Affrontare una scelta, risolvere un problema; prendere una decisione per un  cambiamento in un rapporto, nel lavoro rispetto  ad un conflitto che viviamo con qualcuno a cui teniamo o invece, temiamo, ma anche più semplicemente, la scelta di un cibo al ristorante o di un’ attività fisica da praticare!

In tutte queste situazioni, le sensazioni sono il nostro"radar" dal quale “captiamo” ogni cosa. Esse diventano il riferimento per trarre significati; per farci un’idea; per capire o prendere contatto con cose e situazioni con gli altri e con noi stessi.

Se ci pensi bene, qualsiasi cosa di noi parte da una sensazione, gradevole oppure repulsiva, attraente o disturbante, promettente o sfiduciante.

Quella sensazione diventa quindi un “faro” per l'esperienza che faremo oppure che non faremo; per le azioni che intraprenderemo; dei significati che le cose avranno o non avranno; dell’impatto che ne seguirà.
Anche l’impatto stesso, come esito positivo o negativo delle cose, viene incorporato nel nostro ”modo” di dare senso, rispetto alle nostre credenze e convinzioni, giudizi con i quali interpretiamo i fatti e le circostanze, sul successo o fallimento ottenuti.

Le sensazioni spingono l’esperienza percettiva e poi, su questa, costruiamo i modi di dare attenzione, importanza e senso ad ogni cosa che ci succede...o che non succede!
E’ così che ci  “rappresentiamo” e costruiamo le rappresentazioni, come registi che girano sequenze di film; é così che  diventiamo “programmati” e le storie, con i film che in esse abbiamo girato, le nostre rappresentazioni, diventano per noi la realtà: è così che crediamo che esse siano il mondo. 


Vostra AnnamariA

(...Continua a leggermi;-)
Puoi anche scrivermi... . annamaria.agnano@gmail.com

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