domenica 22 settembre 2013

QUANDO AMARE FA RIMA CON COMUNICARE


QUANDO AMARE... FA RIMA CON COMUNICARE

"E' una bambina pestifera...mi chiede attenzioni continue! Non so cosa fare con lei!"


A parlarmi così è una donna, mamma e dirigente nella azienda in cui mi trovo per fare uno studio sul conflitto e sul clima interno:la sto intervistando, quando la sua vita personale (1), tra una domanda e l'altra, affiora.
La donna ne parla e sembra che in quel momento, la sua bambina di 3 anni e mezzo sia lì presente, nella stanza, a prova di un suo evidente disagio!
Ed è così che ella si lascia andare e si racconta: non sa più cosa fare con la sua piccola seconda nata, che come lei dice, più diventa grandicella, più la accerchia, sottraendole energie. Il problema  per lei è che "la bambina sia un soggetto difficile": quindi, è chiaro che lei già si rappresenta una idea rigida della bambina che "fa così e dunque è così"! 

"E' una bimba che mi assorbe completamente ....quando torno a casa dal lavoro, mi devo mettere lì e farle le coccole...se non faccio così, non mi fa fare nulla...
 Ma comunque sia, faccio molto poco con lei che mi sta sempre addosso!"

In queste sue parole riconosco lo schema rigido che la porta, da un lato,  a      pensare" che quando torna a casa la bambina ha bisogno delle sue coccole e dall'altro, "a sapere" che in quelle attenzioni dovute, vi è la sua convinzione che la bambina ne abbia bisogno! Però lei percepisce anche un problema "con lei non riesco a fare niente di quello che dovrei!" 

Un conflitto interno, un contrasto con se stessa, la porta ogni giorno ad esasperarsi al rientro a casa, nel tempo che dovrà dedicare a sua figlia.E d'altra parte, la piccola, come lei stessa sostiene, più riceve attenzione, più ne chiede!
Questa interazione ripetitiva e circolare tiene il loro rapporto bloccato:la mamma sa che deve dare tutta sé stessa alla bambina, ma "pensa anche che questa figlia è troppo forte ed esigente"; che non le basta mai la presenza che lei le dà e per questo ne prova rabbia. E quando si arrabbia, la punisce mandandola nella sua cameretta, pensando che in tal modo le cose andranno meglio e la bambina smetterà di fare così!
La bambina, dal canto suo, non solo non smette, anzi: chiede sempre di più e, soprattutto, si ripete in questa richiesta di starle in braccio, di stare con lei;cosa a cui la mamma continua ad aderire !

Le chiedo se la piccola si comporta sempre così, anche con il papà e con la nonna.E lei mi dice che, di fatto, quando le capita di assentarsi, con loro è tranquilla e gioca e spazia diversamente nella casa; anzi, con suo padre, di recente, ha fatto delle cose nuove, aiutandolo perfino in alcuni lavori.(La vedo sorridere quando ne parla, la tensione le scioglie il viso...cambia espressione).
Prenderò spunto proprio da questa sua "cambiata" risposta, per darle una visione delle cose e suggerirle di "fare almeno un piccolo cambiamento":pensare semplicemente che, quando ogni giorno lei rientra a casa e si mette a completa disposizione della bambina per farle le coccole (perchè lei è convinta che ne ha bisogno), ella comunica due messaggi alla piccola (e a se stessa) che peggiorano tutta la situazione. Il primo è "fai di me quello che vuoi"; il secondo" continua a comportarti come se tu fossi piccola".

Quando noi umani comunichiamo con noi stessi e con gli altri, lo facciamo in una situazione relazionale che si attiva attraverso la comunicazione verbale e non verbale. Pertanto, vengono prodotti e trasmessi sia messaggi-parole (contenuto); sia messaggi non verbali, di relazione.
La trappola in cui cadono madre e figlia scatta proprio perché le coccole, quindi il modo in cui esse comunicano, impongono uno schema ad entrambe. Impedendo così altri modi affettuosi in cui la madre si esprima, chiedendo anche alla sua bambina di fare altrettanto!
Intendiamoci: le coccole sono fondamentali nella crescita emotiva di un bambino, un nutrimento che lo rendono forte ed autonomo. Tuttavia, possono diventare anche un limite alla sua crescita, soprattutto come accade nel racconto di questa madre. 


[Nota1] 
Tutte le persone che occupano un ruolo organizzativo, donne ed uomini, capi e non, sono persone con una storia biografica, percettiva ed emozionale,con rappresentazioni di sé e degli altri e del mondo! E questo rappresenta una vera fonte di ricchezza per l'intera organizzazione, anche se ad oggi, industriali e titolari interpretano ciò come aggravi e costi.   
Il prof. Stefano Zamagni, noto economista dell'Università di Bologna, considera come, atteggiamenti, modi di pensare, stile di azioni praticati che rientrano in una certa cultura industriale, debbano cambiare percorso e promuovere i potenziali delle persone, le cosiddette "capabilita'", capacità in azione.
Per chi volesse approfondire è molto interessante la teoria delle capabilità del premio Nobel economista, Amartya Sen. L'incontro tra economia, psicologia sociale e della comunicazione, ha portato straordinari contributi verso lo sviluppo di una nuova forma di economia civile.

La vostra AnnamariA


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