giovedì 13 giugno 2013



"CONVERSAZIONI COMPLICATE" 


Quando le cose semplici...diventano complesse!

1° PARTE
Se vuoi ascoltarmi, clicca il link! In"Audioblog di AnnamariAgnano Le parole in rete"

 http://youtu.be/muQV91M0XNM

Cari amici, 
ho deciso di trattare un tema che mi sta assai a cuore e che penso, correggetemi se sbaglio, stia a cuore anche a voi. Infatti, questa volta vorrei considerare con voi un'esperienza che, molto probabilmente, voi stessi vi siete trovati o vi trovate a vivere con le persone con cui tutti i giorni lavorate, vivete, più o meno, strettamente a contatto.
E mi riferisco alle conversazioni che tutti i giorni "tessiamo" per mille ragioni nelle relazioni: dal chiedere scusa; al fare una critica; dal dire di no; all'esprimere un  disaccordo in un contesto di maggioranza; dopo aver assistito ad una conferenza. In tutte le circostanze; al lavoro, con il vicino di casa; con il coniuge o la compagna, con i figli, si cercano o si evitano le "conversazioni complicate": esse toccano il vivo delle interazioni nella relazione. E' questo il vero problema!

A cosa mi riferisco quando parlo di conversazioni complicate?
Questa esperienza è così ripetitiva nel corso della giornata e nelle situazioni in cui la posta in gioco è alta, un valore o il rispetto di sè; in situazione di dubbio ed incertezza. E che riguardi la richiesta di un aumento, di un confronto; di un giudizio che pesa.
In cui il valore di sè è messo alla prova, il rispetto per sè sentito come violato. In tutte queste condizioni possono trovare terreno fertile le conversazioni complicate. 

Perchè dico"conversazioni complicate"?
Cosa vuol dire complicate, vi starete chiedendo...
Complicate si riferisce a complesso, il che significa che cose semplici finiscono col diventare difficili. E la complicazione fa presto a nascere, nel momento in cui, nell'uso del linguaggio formale e verbale, noi tendiamo ad omettere, escludere ossia, i sentimenti che in quel momento sono coinvolti in quello che  sta succedendo; ed i pensieri, il valore e le credenze su di sè, sull'altro, sulle cose importanti; generalizzando e contando sul nostro punto di vista, solo e soltanto soggettivo.

A quel punto è come se si aprissero due diverse conversazioni, la prima esterna con quello che sta accadendo; la seconda, dentro se stessi, per la quale si sente; si parla con se stessi; si affronta la cosa, ma parallelamente, in modo completamente falsificato rispetto alla prima.Anche in una condizione paradossale.

*Vorresti criticare l'azione di un amico, ma temi che se ne parlassi apertamente, lo potresti ferire.
*Vorresti dire al tuo capo che ti senti svalorizzato nella mansione che stai svolgendo e che pensi di poter fare cose per cui ti senti di valere di più.
*Senti i colleghi che parlano male di un vostro collega, ne sei turbato e taci.
*Stai iniziando un rapporto di collaborazione di lavoro con un professionista, pensi che sia una bella opportunità e quando egli fuma in tua presenza, violando la tua salute, tu non osi dire nulla....ma stai malissimo.
*Nella riunione di condominio non esprimi davvero il tuo disappunto.
*Pensi che tuo figlio, ormai cresciuto, stia sbagliando, vorresti avanzare una critica per il suo bene, e poi rimandi ad un altro giorno.
*Sei offesa dall'insensibilità del tuo lui/lei: dovrebbe sapere ormai che cosa ti fa piacere, ma se non lo chiedi espressamente, lui/lei non prende iniziative!

Cosa fai in queste situazioni? E quanto diventano  dilemmatiche?
In tutte queste situazioni in cui la posta in gioco è alta, perchè in gioco ci sono i sentimenti che proviamo noi, quelli dell'altro con cui siamo in relazione; in più, quello che pensiamo e che ha a che vedere con ciò che pensiamo e crediamo e che ha a che fare con la nostra identità; con chi pensiamo di essere e che vorremmo venisse riconosciuto anche esternamente, dall'altro.
Ne parlo oppure sto zitto? E che succede se affronto?
Magari aspetto domani...oppure può darsi che sia lui/lei che, avendo forse capito, dovrebbe farlo se mi ama...ma,affronterà la cosa?
Spesso, spessissimo, questo dialogo interno che sosteniamo, diventa un problema ancora più grande, per cui tacere significa peggiorare, rispetto a quanto si pensava di far male facendo qualcosa per affrontarlo. 
Perchè non puoi tacere a te stesso!
In fondo sai bene che devi affrontare il tuo collega. Parlare al capo. Dire a tuo marito che non va più bene. Chiarire con il tuo amico... Sai, cioè che a stare zitto peggiori, perchè ogni volta che le cose si ripetono, la ferita si riapre...però, speri che la prossima volta, forse, le cose cambieranno ed intanto, affrontare ti fa veramente paura per le conseguenze che potrebbero esserci. Infatti, sembra giusto dire ciò che veramente si pensa, che sta a cuore, perchè in quel momento ci si sente vittima di un sopruso, di un'ingiustizia. Tuttavia, il parlarne, chiarire le cose, potrebbe aprire un conflitto e quindi far finire il rapporto; ferire l'altro, offenderlo.
Cosa fare in queste situazioni di blocco? E cosa veramente sta succedendo che complica?

Mi fermerei qui, dato la forma che sta prendendo, credo: risvolti che vorrei approfondire. E spero anche di poterlo fare con il contributo vostro, che, tengo sempre a dire, quando  c'è  e ci sarà, mi permetterà ancora meglio di fare questo blog... PERCHE NO? 

A presto
dalla Vostra AnnamariA 




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