martedì 11 giugno 2013

QUANDO AFFIDARSI AD UNA BUONA PSICOTERAPIA


RIFLESSI DI PSICOLOGIA QUOTIDIANA 


                   

Quando affidarsi ad una” buona psicoterapia"


Chiedere aiuto oggi non è sicuramente semplice, anzi può diventare molto complicato, per chi soffra di un disturbo psichico o disagio psicologico che limita e condiziona la sua persona, la vita e le relazioni. 

Infatti, lo scenario  delle professioni di aiuto si presenta intricato, in quanto, con la liberalizzazione delle professioni, diventa necessario equipaggiarsi per distinguere tra le differenti figure e professionalità attuali capaci di dare risposte adeguate!

Qual è la differenza tra queste figure e cosa deve sapere chi soffre  di disturbi d’ ansia, o del sonno, piuttosto che sia afflitto da disturbi psicosomatici, o ancora che si ritrovi a vivere con il panico! Chi si senta depresso o  ancora sia nel pieno di un conflitto relazionale; quando non si trovi a fronteggiare un conflitto lavorativo

Occorre da subito sapere che la figura del counselor è diversa da quella dello psicologo e dello psicoterapeuta.
Nel nostro scenario italiano, così come regolato, il counseling è un approccio all'ascolto della persona che nella professione psicologo è stato e viene praticato come prassi psicologica. 


In un qualsiasi momento di vita la persona può trovarsi a provare confusione o indecisione relative ad una scelta da fare; oppure a decidere un cambiamento. In tutte e due le situazioni, laddove la percezione della persona è di non avere le necessarie risorse, si ricorre al counseling.
In tal caso, il counseling  implica l'ascolto: non viene  fatta  una cura psicoterapeutica, caso in cui si rendono necessarie competenze ed abilità specialistiche specifiche; e nemmeno una diagnosi di un disturbo.
Attualmente la pratica del couseling viene fatta anche senza una laurea in psicologia, da operatori che attraverso un percorso li porta a sviluppare tecniche di ascolto attivo utili per affiancare la persona.

Lo psicologo è un professionista laureato ed abilitato ad esercitare la professione, iscritto all’Albo degli psicologi: è in grado di fare una diagnosi attraverso strumenti psico-diagnostici;di usare parola e tecniche riconducibili alla teoria di sua formazione. 
Pertanto è in grado di praticare il counseling; ma non di fare psicoterapia.

Lo psicoterapeuta è un laureato e specializzato con una formazione quadriennale, abilitato quindi all’uso di metodologie e strumenti terapeutici specifici, relativi alla scuola di formazione di provenienza, sul Modello delle psicoterapie, quali quella psicoanalitica, cognitivo comportamentale; sistemica; breve strategica. Non prescrive farmaci e tuttavia,  in alcuni casi, opera unitamente con lo psichiatra combinando la psicoterapia con la psicofarmacologia.
Sulla base della formazione e dell'approccio psicoterapeutico,uno psicoterapeuta può essere in grado di affiancare percorsi di counseling; coaching e training di cambiamento orientato allo sviluppo di abilità.


Il luogo spazio di una psicoterapia efficace: come riconoscerla. Lo spazio terapeutico prevede una alleanza terapeutica, uno spazio conoscitivo, un orientamento terapeutico comunicato e condiviso; dopo di che, sulla base del modello di riferimento esplicitato, (oggi e' normativamente previsto che lo psicoterapeuta proceda per un consenso informato, specificandolo oltre al segreto professionale già garantito in virtu' del codice deontologico che lo ispira e regolamenta). La persona viene guidata attraverso un protocollo indicato dal terapeuta, sulla cui base vengono definiti veri e propri obiettivi con:

# una buona messa a fuoco del disturbo;
# delle sue caratteristiche e di come si evidenzi e viene vissuto
# attraverso domande guidate che conducono entro un percorso rivisitato del problema.

Nel ripercorrerlo, per esempio nell’approccio strategico breve, la persona viene guidata con  una modalità di dialogo volta a districare risposte verso un percorso sempre più in sintonia con la sua rappresentazione percettivo-sensoriale elaborata, e sin dalle prime sedute, ci si potrebbe stupire nel sentire che il terapeuta sembra sapere esattamente come stanno le cose! 
La scoperta e' un altro elemento fondamentale ed anche un momento verità, ossia non semplicemente ascolto del terapeuta in quanto "fonte" veritiera; certo,ci si dovrà affidare alla sua conoscenza in quanto esperto! 
Ed oltre, tuttavia, in una fase del percorso, una psicoterapia efficace permette di poter esplorare, misurando se stessi con quegli attrezzi che il terapeuta dispone, per muovere un'esperienza concreta o predisporre ad essa, come a misurarsi con essa e con se stessi"integrati"da quelle modalita' innovative terapeutiche
Conoscersi, quindi, attraverso un'esperienza correttiva e nuova rispetto a quella precedente, per scoprirsi e riscoprirsi attraverso nuove risorse, mai conosciute sin a quell’esperienza di sé rinnovati.

Questa esperienza innovativa sarebbe una "ristrutturazione". Il risultato sarebbe esattamente come per la ristrutturazione di una casa di cui vengono conservate le parti buone ed aggiunte altre nuove, che valorizzano il tutto in una bella e solida struttura nuova ed integrata! Arrivati a questo punto della terapia, lo psicoterapeuta guida alla ripetizione di queste modalita' nuove  per favorire il mantenimento del risultato conseguito, sino ad abilitare  un nuovo confronto tra la idea o rappresentazione di sè passata e la nuova attuale; raggiungere la consapevolezza di aver superato una rigidità relativa al disturbo ed ai suoi effetti di disagio, con la sensazione che le cose non sono piu' come si pensava prima. 
Come se si fossero cambiati gli occhi!  
Spesso accade che la persona lo dichiari apertamente, usando il tempo imperfetto” sentivo che non ne sarei mai uscito”. Oppure confrontandosi con se stesso di ieri rispetto a quanto, oggi, sta sperimentando di sé, in modo del tutto differente. 
Qualche giorno fa, un  giovane uomo arrivato con un quadro d’ansia severo, dopo alcune sedute, riportava questa rappresentazione del suo vissuto attuale” mi sono guardato come se fossi dall’esterno, come avessi un terzo occhio e mi sono quasi preso in giro da solo per come in quel momento e da quella posizione, trovassi assurdo quelle sensazioni che prima mi avevano intrappolato, gettandomi nella più totale depressione!”
La fase della "visione"

E siamo in una fase finale del lavoro terapeutico, con la super-visione del terapeuta,quando si arriva a consolidare e a cognitivizzare l’esperienza esplorativa praticata:# a rileggere il lavoro svolto, 
#a rivederlo come da spettatori/spettatrici di un film del quale si è stati  protagonisti,# ma anche co-registi nell'intreccio del tempo-spazio terapeutico.*

Il linguaggio con se stessi ora fluisce, gli strumenti vengono padroneggiati. La visione si è allargata.
Ci si sente oltre! E lo sguardo è più disponibile ad andare a cercare, a correggere e a confermare il nuovo, ad incorporarlo. Sino a sentirselo come sempre più familiare... 
Una familiarità che, naturalmente, dovrà essere misurata nel tempo attraverso la fase del controllo.  
Un tempo di controllo stabilito e definito per  monitorare il mantenimento ed il risultato raggiunti.



Il vero viaggio di scoperta
non è vedere nuovi mondi,
 ma cambiare occhi.
 Marcel Proust        

                               



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La vostra AnnamariA



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