domenica 16 giugno 2013

CONVERSAZIONI COMPLICATE: Quando le cose semplici diventano complesse



"CONVERSAZIONI COMPLICATE" 


Quando le cose semplici...diventano complesse!

2° PARTE


Ascolta Le mie Parole in rete, Audioblog di AnnamariAgnano, clicca il link qui sotto!

http://youtu.be/M3ddEIRecMc

  
A questo punto affrontiamo il nocciolo della questione: qual'è la posta in gioco? Cosa rende complessa la situazione?

Il come si affrontano i propri sentimenti, le ragioni personali; il valore che "pensiamo" di quella situazione: di noi;  dell'altro; delle conseguenze. Ed i fatti accaduti sono non direttamente quello che è avvenuto, ma quello che si reputa importante di ciò che è accaduto! Cosa che, evidentemente, non può che essere soggettivo: infatti, ha a che fare con quello che io, tu e voi, pensiamo abbia un valore che noi gli attribuiamo.
Tutti "contenuti" (ed intendo il che cosa) significativi" che "rappresentiamo" nell'esperienza che in quel momento, come singoli, nella traccia e percorso biografico" che ci contraddistingue(la nostra storia, gli eventi dolorosi o brutti e quelli belli che abbiamo vissuto; ciò che crediamo essere "buono"; "cattivo"; "giusto"; "ingiusto", il valore che attribuiamo; anche con le sensazioni che sono collegate ed avanzano.
(Se vi chiedessi in questo momento di tracciare rapidamente un tratto della vostra biografia, un evento o episodio infantile o dell'adolescenza; della famiglia, o della scuola, a quale immediatamente la vostra mente vi porterebbe?)
 
Ciò che ignoriamo non è che non stia accadendo
Mentre siamo catturati da queste scene,  tendiamo a perdere lucidità sul campo,quindi  siamo facilmente pronti a distrarci e quindi, a  perdere pezzi di informazioni che ci arrivano dal nostro ambiente, esterno ed interno. Ciò che sentiamo ci destabilizza: ossia le sensazioni, rispetto a quanto pensiamo senza riferimenti precisi oggettivi, ma solo soggettivi, infatti, in quel momento usiamo pregiudizi senza conoscere le cose in modo empirico.

E' come quando un regista gira le scene di un film: allo stesso modo, entrare in dialogo con sè aziona scene mentali, ma solo mentali, prive, cioè di una verifica fatta attraverso una concreta interazione sociale.

Qualcosa complica ulteriormente... Quest'azione rimane sospesa nell'atto, ma di fatto "come se avvenisse nella mente": questo, anche se non comunicato nella parola, passa attraverso la nostra comunicazione non verbale; il corpo ed i suoi gestI; la mimica facciale, quindi tutte le espressioni del viso, la postura che il corpo assume. Il respiro che abbiamo in quella postura.
 Di fatto, è ciò che accade nella nostra comunicazione umana(che implica una comunicazione verbale e non verbale che indica il linguaggio del corpo e le modalità del linguaggio).
Sebbene non si dica, quello che sta accadendo nella propria esperienza, virtuale, all'esterno trapela. Trapelano i sentimenti, le emozioni, quindi l'aggressività se in quel momento è il rispetto che si pensa come violato; oppure l'ansia se è il timore o la paura ad entrare in scena. 
Anche questo serve a stabilire una relazione. Ma tutto avviene fuori dall'azione di sè con l'altro.

La conversazione, in questo modo, diventa a due livelli: uno è quello delle parole dette; dei contenuti espressi; il secondo è del non verbale, della relazione, dove trovano spazio i sentimenti implicati, sia di sè, sia relativi all'altro; le rappresentazioni di sè e dell'altro. Non verificati, non espressi sul piano della interazione agita.
Questa conversazione di relazione viene comunque trasmessa, a se stessi, dentro; all'altro, agli altri, fuori, ovviamente in modo ambiguo, contrastante, nel caso specifico. E' tutto questo che costruisce complessità:è così che le cose semplici diventano complesse!

Proviamo a rompere queste associazioni complesse(?) che, a questo punto, sono diventate drammatiche ( drammaturgico viene definita la teoria del "controllo delle impressioni" del sociologo E.Goffman che unitamente al Modello del Costruttivismo e della Pragmatica della comunicazione umana di P.Watzlawick; della Programmazione neuro-linguistica, di Grinder e Bandler, sono i riferimenti teorico- metodologici sui quali baso le mie scritture). 

Una prima "rottura"della complessità sta nel ri-formulare che "le cose o i fatti umani" non accadono in quanto tali! Ma sono, invece, percezioni soggettive ed interpretazioni di quanto avvenuto.
Rimanere, pertanto, sulla posizione rigida rispetto a quanto accaduto o che deve ancora accadere, come se quella fosse la posizione del giusto, piuttosto che della "ragione", stabilisce che la regola del gioco sia "far avanzare la verità"... ma quale verità?
(Vedi post "Menzogna o verità del 26 Maggio).
Mettiamola piuttosto come" far emergere i punti di vista: è così, infatti, che indaghiamo i fatti in una visione costruttiva ed evolutiva.Quindi"riconsiderare" i fatti, riportandoli a "quello che io ho percepito in quella situazione".Mettere in dubbio, in crisi, "un giudizio" sui fatti, ci predispone ad una "visione"; ad una ri-formulazione che tiene conto dei differenti punti di vista oltre al mio! (C'è la mia versione; c'è una seconda versione dell'altro).

Sui sentimenti... un vero tabù!  Evitarli appare la cosa migliore che si possa fare? No? Meno se ne parla, meno si affrontano, più ci si tranquillizza!
I sentimenti hanno sempre ragione! Tuttavia (può sembrarvi strano?), se non valutati e considerati, possono diventare "molto forti e drammatici".Pensate alla rabbia! Cosa succede quando provate rabbia?
La rabbia è una palla di neve a valanga, che ci travolge lungo la discesa...
"Perchè provo rabbia? Cosa c'è dietro ad essa?   
Quali cose mi messaggia?"
Sapere accogliere, fare auto-empatia, ossia non giudicarsi per ciò che si sente, essere disposti ad entrare in crisi" per conoscere il propri sentimenti è importante, toglie"kili" di malessere. Anche se le cose finissero semplicemente con questo passo verso l'auto-chiarimento!

Ma, esplorare emozioni e sentimenti (vedi post Cambiamento ed Emozioni...del 7 Maggio 2013) apertamente con l'altro, dichiarandoli, rende del tutto semplice. " Sono preoccupato perchè...ho paura che se...", apparentemente una fragilità. Invece chiarisce, toglie le ombre, allinea la comunicazione dentro con quella fuori; il verbo e i gesti. Aumenta la vicinanza con l'altro ed incrementa la fiducia.

Vi è successo spontaneamente di aver affrontato in questo modo? Almeno quella volta?
Vi siete ritrovati in questo mio contributo?
E cosa ne pensate? Vi sembra fattibile o è impegnativo?

Spero nei vostri commenti-risposte.
E, per approfondire l' ultimo passo del tema che sto sviluppando, dato l'interesse che penso esso meriti, vi do appuntamento al prossimo post.

La Vostra AnnamariA


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